Forra del Cosa

Versante destro orografico

In rete si trova l’itinerario che parte da Raunia scende nella forra e ritorna a Raunia per il ciglione sinistro. Questo itinerario è stato realizzato con tanto di corde fisse dai Ragni del Masarach che hanno anche attrezzato una palestra di roccia.

Da alcune carte topografiche ho notato che il versante destro orografico è percorso da un sentiero chiamato in loco Troi di Miez chiaramente perché corre a circa metà della parete della forra. Ho così intuito che fosse possibile compiere un anello percorrendo il Troi di Miez e ritornando per il ciglione dove esiste un tracciato segnalato.

Da Travesio si seguono le indicazioni per l’agriturismo Alle Genziane e si prosegue oltre incontrando il bivio per Praforte. Qui gli spiazzi a lato strada sono occupati da materiale edile che serve alla ristrutturazione di qualche casa privata di Praforte.

Si prosegue oltre fino a che la strada si biforca: tornando indietro cento metri si trova un ottimo spiazzo per il parcheggio.

Lasciata l’auto si torna al bivio e si scende per la strada di destra incontrando il bivio per Almadis che si ignora.

La strada sembra terminare nei pressi di una grande area prativa con una casa diroccata: questo luogo in cartina è denominato Col Siera.

Chi ha voglia di informarsi scoprirà che qui comincia una zona S. I. C. (Sito di Interesse Comunitario) ricadente nel progetto Rete Natura 2000, che abbraccia l’intera forra del torrente Cosa.

Nella Carta del Piano di Gestione i prati di Col Siera sono indicati come zona di prosecuzione dello sfalcio. Dalla stessa Carta si evince che la zona dove è stata realizzata la palestra di roccia è indicata come zona di conservazione delle stazioni relitte del leccio. Inoltre il sentiero sul ciglione sinistro porta evidenti i segni del passaggio di moto che recano serio disturbo al Succiacapre (*).

Questo per dire che di buone intenzioni siamo capaci, ma di mettere in pratica una vera salvaguardia siamo ancora lontani.

Dove la strada termina inizia una pista nel bosco che descrive un anello e ritorna allo stesso punto. Sul vertice dell’anello esiste una vasca in cemento con scaletta di ferro alla cui sinistra inizia il sentiero del ciglione (quello percorso dalle moto) con tanto di bolli in vernice rossa.

Trenta metri sulla destra della vasca in cemento con scaletta si lascia la pista per inoltrarsi nella garida alla ricerca della traccia del Troi di Miez.

Per i primi duecento metri si deve andare a naso senza scendere molto e proseguendo ad onda, in su e in giù, per trovare la pista degli animali. Sono infatti le bestie che tengono vivo questo sentiero, dato che segni di passaggio umano sono veramente scarsi: qualche vecchio taglio e rari rametti spezzati.

Comunque una volta reperita la traccia la si segue con facilità. Il percorso trovandosi in bassa quota risente molto della presenza del rovo, sgradito anche agli animali che piuttosto spesso ne evitano le macchie più intricate passandovi sopra o sotto; meglio munirsi di una roncola per facilitarsi la progressione.

Poco prima di giungere su un promontorio panoramico, da destra, proveniente dal greto, s’innesta una traccia di animali che probabilmente la utilizzano per scendere ad abbeverarsi. È dunque possibile scendere nel greto per fare qualche foto o cambiare radicalmente itinerario.

Il promontorio è l’unico punto da dove si ha visuale sul torrente che qui ha qualche bella pozza e una cascata. Invece il lago del Tul non è mai visibile, nemmeno dai prati di partenza.

Dal promontorio ha inizio una bella e regolare cengia che corre alla base di pareti ed entra ed esce da numerosi canaloni.

Quando le pareti si esauriscono bisogna sempre tenere fedelmente la traccia delle bestie che salgono sul ciglione ben prima di raggiungere il solco del Rio Secco.

Si sale fino a trovare il sentiero con i bolli rossi e le tracce delle moto che seguito verso sud offre bei scorci panoramici.

Sul sentiero ci sono un paio di bivi: prendere sempre a sinistra avvicinandosi al ciglione.

Come detto si esce accanto alla vasca di cemento con scaletta di ferro e si ritorna all’auto tramite la strada fatta all’andata.

Guarda il video.

(*) Il Succiacapre (Caprimulgus europeaeus)è un uccello crepuscolare e notturno, insettivoro, dall’aspetto insolito e affascinante. Fortemente mimetico, nidifica a terra ove si mimetizza con foglie secche e corteccia.

Poco studiato a causa delle sue abitudini notturne, per la redazione del Piano di Gestione è stato oggetto di una specifica indagine, che ha permesso di censire una popolazione in ottimo stato di conservazione. In particolare è stata stimata una presenza di almeno 50 maschi.

La densità riscontrata appare tra le più elevate per la specie ed evidenzia certamente l’importanza del SIC. La conservazione del succiacapre, come di molte altre specie quali la coturnice, l’averla piccola, il biancone, la vipera dal corno e il ramarro, dipenderà però dalla conservazione degli ambienti aperti caratteristici del SIC.